Devo dire che la chiacchierata in Assolombarda a mio avviso è andata bene, specialmente per gli ottimi interventi di Nicola Zago (Lago) e di Anna Malaguti (Comune di Venezia). Visto il chiarissimo interesse da parte del pubblico verso i casi, continuerò il mio piccolo lavoro di scouting alla ricerca di storie di successo capaci di mostrare i ritorni generati dall’Enterprise 2.0 in Italia anche in contesti non ovvi come la PMI o la PA.
Questa volta però, piuttosto che parlarvi della serata, del mio intervento e delle stime sul futuro dell’Enterprise 2.0, vorrei riversare qui alcuni domande raccolte dal palco del vespertino. Credo seriamente che la community del web 2.0 abbia periodicamente bisogno di un sanity check ed allora perchè non partire dal proprio orticello?
Ecco le provocazioni/precisazioni lanciate dal pubblico nella serata, con le relative risposte degli speaker, a mio avviso davvero interessanti.
Come garantire una risposta da parte dell’azienda quando i dipendenti/clienti criticano, danno indicazioni che non possono essere raccolte dai processi in essere o che semplicemente vanno contro il modo attuale di lavorare e comunicare dell’azienda?
Nicola Zago: E’ meglio che eventuali critiche o richieste che mettono in crisi i modelli in essere avvengano a casa propria, piuttosto che in spazi aperti, incontrollati ed incontrollabili come Facebook. L’ascoltare il cliente è già di per sè un segno d’apertura e, ad ogni modo, il leggere ripetutamente certe indicazioni dal cliente costringe psicologicamente l’azienda a prenderne atto, ad evolvere e diventare più trasparente. Inoltre in uno strumento aperto l’eventuale risposta aziendale avviene una volta per tutte, evitando di ripetere il lavoro all’infinito, esponendo una posizione coerente ed iniziando ad alimentare un rapporto nuovo con il proprio pubblico.
Anna Malaguti: Il Comune di Venezia ha aperto fin dall’inizio anche un fronte di lavoro interno, con il compito esplicito di dare risposte certe ai cittadini. Gli strumenti Enterprise 2.0 hanno un effetto spirale, innescando un dialogo e costringendoti a dare risposte senza possibili ripensamenti (non si può tornare indietro, a meno di non giocarsi la faccia). Si tratta di un contratto e di un impegno fatto di visi e persone che vogliono sinceramente mettere in moto un cambiamento organizzativo. Sentire per la prima volta la fiducia del cittadino come riconoscimento a questo impegno aiuta innanzitutto chi lavora dentro la PA. Ad ogni modo non è mai successo in due anni che qualcuno all’interno del Comune utilizzasse le tecnologie in modo non consono, nonostante l’altissimo numero di utenti coinvolto e l’altissima esposizione dei contenuti
Chi è stato lo sponsor dell’iniziativa e come è stato possibile farla partire operativamente?
Nicola Zago: Lo sponsor è stata la proprietà senza però avere un ruolo attivo all’inizio. Come succede spesso, il senior management intuisce le potenzialità del mezzo e questo spinge in discesa l’intero progetto. Nonostamente questo commitment, l’ispirazione, la scintilla iniziale nasce volentieri dal basso, quando qualcuno porta in aziende delle idee nuove, contaminando i propri colleghi. Questo approccio da evangelizzatore è chiave per diffondere l’adozione ad altri dipartimenti e per coinvolgere ulteriori referenti che a loro volta faranno da virus verso tutti i dipendenti già predisposti alla partecipazione. Il goal numero uno è mostrare risultati concreti con progetti piccoli ed a basso costo (misurabili per esempio con il numero dei commenti, con le recensioni ricevuti dai media tradizionali, etc) permettendo di costruire quella fiducia necessaria a giustificare ulteriori passi.
Anna Malaguti: Il progetto è nato quasi per caso dall’incontro di un’esigenza (mantenere in vita un gruppo di professional da poco separati sul territorio tramite le comunità di pratica) e di alcune competenze (nel caso in esame di collaborazione e gestione delle community). Dopo un anno di lavoro e risultati comprovati, il progetto è diventato strategico ed è stato ampliato ricadendo sotto al cappello del Sindaco stesso.
Quanto ed in che modo è stato favorito non solo un dialogo verticale azienda-cliente, ma anche e specialmente un dialogo orizzontale cliente-cliente o dipendente-dipendente?
Nicola Zago: Lago non solamente ha creato canali di dialogo con i propri rivenditori e dipendenti, ma ha anche attivato possibilità di interazione tra rivenditore e rivenditore. Ciò non sempre è stato facile da accettare dall’ufficio commerciale, tanto da suggerire un ripensamento in toto nel rapporto con i rivenditori all’insegna di una maggiore trasparenza. Il portare tutti i più importanti rivenditori in un unico spazio ha alimentato inoltre una sana competizione, a tutto vantaggio dei clienti finali, del servizio che viene offerto loro e dell’immagine di Lago.
Anna Malaguti: L’intenzione era innanzitutto quella di creare canali di comunicazione tra dipendente e dipendente. Per raggiugere l’obiettivo è stato necessario superare barriere molto concrete come la sufficiente disponibilità di macchine con accesso alla rete. La crescente facilità d’uso e l’utilità personale degli strumenti hanno stimolato anche un impiego da casa, mostrando come il problema del tempo si riduca in realtà solo ad un problema di motivazione: se il servizio è utile viene usato, altrimenti no. Gli spazi aperti hanno infine l’effetto benefico di ridurre drasticamente la quantità di posta da smaltire, vero piaga del knowledge worker di oggi.
Come identificare allora un vantaggio personale così forte da spingere all’adozione e quanto contano i meccanismi di incentivazione?
Nicola Zago: Bisogna mettere in campo, il prima possibile, delle metriche che ci permettano di misurare se c’è e quanto è grande il vantaggio promosso dallo strumento. Già l’evitare di rispondere 100 volte alla stessa domanda comporta un alleggerimento del carico lavorativo di tantissime risorse (pensate ad un call center o all’IT)
Anna Malaguti: Resiste più un matrimonio d’amore o uno d’interesse? L’organizzazione deve lavorare per identificare i vantaggi e fare di tutto per valorizzarli. Un corretto meccanismo di incentivazione, con manager che spingono e valutano i propri collaboratori sul livello di collaborazione raggiunto, è un ottimo strumento di adozione.
Ci sono altre domande/provocazioni che vorreste venissero raccolte? Inseritele pure nei commenti.