Ecco la seconda puntata a cui avevo accennato per concludere la discussione sullo stato dell’enterprise 2.0 di Dion Hinchcliffe. All’interno del post Dion avanza una riflessione sull’adeguatezza dell’acronimo SLATES usato da McAfee nel paper seminale dell’Enterprise 2.0.
Andrew definisce con il termine Enterprise 2.0 l’uso in modalità emergente di piattaforme di social software all’interno delle aziende o tra le aziende ed i propri partner e clienti.
Concretamente, una piattaforma Enterprise 2.0 è il risultato di sei macrocomponenti, i cosiddetti SLATES:
- Meccanismi di ricerca (Search)
- Presenza di link (Link)
- Possibilità di contribuire alla creazione/editing dei contenuti (Authoring)
- Tag (Tagging associato a documenti, utenti, attività)
- Meccanismi automatici di suggerimento (Extensions)
- Notifiche sugli aggiornamenti (Signals, in particolare e-mail e feed RSS )
Ancora dal mio post: al centro dell’universo, esattamente come nel web 2.0, ci sono le persone, gli utenti, produttori/consumatori di dati e metadati. Gli oggetti che questi utenti introducono, entrano magicamente in relazione tra loro tramite link e tag. Questi percorsi, come passi ripetuti migliaia di volte in un prato verde, fanno emergere dal basso pattern e legami, che rimpiazzano la struttura un tempo imposta a priori nel software enterprise. Infine i singoli pezzi si amalgamano in un tuttuno coerente grazie alla ricerca, ai sistemi di suggerimento intelligente (stile Amazon) ed ai feed RSS rendendo l’intera piattaforma controllabile da parte degli esseri umani.
Dopo un anno di esperienze e lessons learned, è lecito chiedersi se l’acronimo di McAfee sia capace di descrivere completamente i principi dell’Enterprise 2.0. La risposta è probabilmente no.
Benchè gli SLATES siano sostanzialmente funzionalità (link, estensioni, tag, segnali, etc), ampliando un pizzico il quadro esiste lo spazio per scattare una foto più accurata dell’Enterprise 2.0. In particolare gli SLATES non incorporano i centrali concetti di emergenza, socialità, mancanza di struttura che pure Andrew McAfee presenta nella sua definizione. Un ultimo punto non rappresentato nell’acronimo è la natura intrinsecamente network based delle applicazioni che incarnano completamente i dettami del web 2.0. Non è cioè sufficiente che il tool sia accessibile dentro ad un browser, è invece richiesto che i contenuti siano divisi in chunk, referenziabili tramite url, rimixabil e realmente pensati per la rete. Introducendo questi nuovi ingredienti, Dion Hinchcliffe suggerisce il nuovo acronimo FLATNESSES:
Lo schema riportato qui sopra non deve essere considerato un semplice esercizio di stile. Al contrario costituisce uno stumento di analisi, progettazione, evoluzione e valutazione delle piattaforme e servizi Enterprise 2.0. Nel momento in cui si deve creare una nuova applicazione sociale in ambito enterprise o decidere la bontà dell’offerta di un vendor sarebbe bene percorrere la lista attribuendo un punteggio per ogni voce. Non è semplice incarnare completamente tutti i principi, ma l’indice finale da un’idea concreta della maturità ed efficacia dei prodotti Enterprise 2.0.
Chris McGrath di ThoughtFarmer ha compiuto questo esercizio ed il suo post fornisce ulteriori riflessioni sul FLATNESSES. E’ infine interessante leggere come gli usuali sistemi di Enterprise Content Management se la cavino in relazione al nuovo modello.