McKinsey e lo stato dell’Enterprise 2.0 – Parte 2

Se la premessa di ieri aveva lo scopo di sintetizzare i messaggi principali emersi dalla McKinsey Global Survey sul web 2.0 in azienda del 2007, oggi vediamo quello che è successo a distanza di un anno, i segnali confermati, i risvolti inattesi e specialmente le indicazioni di lungo termine che iniziano ad emergere. Anche questa volta il mio consiglio è andarsi a leggere direttamente il report Building the Web 2.0 Enterprise.

Come riportato da Olivier Amprimo di Headshift, i report di McKinsey sono generalmente riservati ai senior executives delle aziende clienti. L’attenzione che la firm sta riservando all’Enterprise 2.0 contribuirà nell’attirare l’interesse di aziende che finora hanno aspettato ad investire.

Le domande che lo studio si pone sono:

  • Quali tecnologie sono state adottate e per quali scopi?
  • In che modo viene supportata l’adozione?
  • Qual’è il livello di soddisfazione?
  • Quanto queste tecnologie vengono utilizzate per interagire con dipendenti, clienti e fornitori?
  • Quanto gli strumenti dell’Enterprise 2.0 aiutano nel mantenere un vantaggio competitivo?

I cambiamenti nelle risposte che è possibile vedere in un anno mostrano alcune tendenze interessanti e fortemente legate alla natura degli oggetti che stiamo considerando: la socialità, bisogni ed evoluzione che vengono dal basso, barriere di adozione sufficientemente ridotte, un mercato ancora immaturo.

Andiamo come sempre per gradi, evidenziando i segnali più forti che la survey mette in luce:

  • Il mix di strumenti impiegati è cambiato in poco più di 12 mesi, allineandosi ad analisi analoghe pubblicate da altri analisti. Mentre il social networking rimane stabile, crescono nettamente blog, wiki, feed rss con un un utilizzo contemporaneo di 2,5 tools in media contro i circa 2 del 2007:

  • Anche l’uso che ne viene fatto si orienta sempre più verso obiettivi ambiziosi e capaci di generare valore per l’azienda come il miglioramento del livello del servizio (73%), la cocreazione nello sviluppo dei prodotti (53%), l’apertura verso una rete di esperti (57%), un maggiore coinvolgimento dei fornitori (62%
  • L’uso interno rimane ancora più diffuso innanzitutto con la gestione della conoscenza (83%), la collaborazione (78%), la formazione (71%) e lo sviluppo di prodotti/servizi (67%)
  • Dato fondamentale: dopo un anno già il 7% degli intervistati non è stato capace di stimolare la partecipazione ed ha abbandonato uno o più degli strumenti introdotti in precedenza.
  • Si registra una polarizzazione dei risultati: se il 20% degli americani ed europei si dichiara molto soddisfatto dei risultati (contro un 40% in Asia), ben il 29% in USA ed il 22% in Europa dice di non essere contento di ciò che ha ottenuto (contro l’8% in Asia)
  • La polarizzazione determina l’approccio per i prossimi anni: i soddisfatti (leggi quelli che hanno messo insieme business case convincenti e capaci di spostare l’ago della bilancia) vedono più del 50% dei dipendenti che utilizzano in media 4 strumenti (contro il 25% per 2.5 strumenti dei non soddisfatti) grazie a tattiche di lancio legate ad iniziative strategiche, coinvolgimento del senior management, utilizzo di champion, integrazione con il tessuto aziendale
  • Il 35% dei soddisfatti non vedono barriere all’allargamento dell’adozione, mentre gli ostacoli percepiti dai non soddisfatti sono forti e comprendono l’incapacità di comprendere un ROI (34%),  poco incoraggiamento nell’uso (39%), incentivi insufficienti (31%), barriere da parte del management (49%) e dall’IT (34%). Tutte queste paure sono enormemente più marginali tra i soddisfatti.
  • L’Enterprise 2.0 cambia l’azienda nel modo in cui comunica con clienti e fornitori (38%), nella creazione di nuove figure interne (16%) e nella stessa struttura dell’azienda (14%). Anche qui le differenze tra soddisfatti e non soddisfatti sono abissali. Ad esempio per i soddisfatti l’organizzazione è cambiata sotto l’effetto dell’Enterprise 2.0 nel 92% dei casi contro il 54% dei non soddisfatti:

  • Il punto di partenza da cui ci si apre verso l’Enterprise 2.0 fa la differenza: nei soddisfatti la tecnologia è stata adottata come risposta ad un’esigenza del business (25-26%) non dell’IT (11%). L’atteggiamento opposto sembra invece favorire risultati molto poco soddisfacenti.

Come di consueto cerchiamo di capire cosa ci dicono questi dati. A mio avviso si conferma innanzitutto una crescita rapida e per ora priva di flessioni dell’Enterprise 2.0. Gli investimenti crescono dovunque, anche se con sfumature geografiche e di industry diverse.

Ad un anno dall’introduzione le aziende iniziano a capire come l’Enterprise 2.0 funzioni veramente. Chi si limita a scegliere e deployare tecnologia, magari in base alle proposte dell’IT, rischia di fare un bel buco nell’acqua, precludendo anche ogni futuro investimento in questa direzione.

Qual’è la direzione per raccogliere benefici di lunga durata e capaci di spostare l’ago? Come vado ripetendo da mesi si tratta di partire da bisogni reali dell’azienda e dei suoi dipendenti, concentrandosi non solo sulla tecnologia ma specialmente sulle persone e coinvolgendole in un pilot che dovrà mostrare al top management i potenziali benefici tramite uno o più business case. Il management va coinvolto dall’inizio perchè ciò di cui stiamo parlando è un cambiamento organizzativo, nella struttura e nelle modalità di comunicazione interne ed esterne.

La survey di McKinsey da evidenza di quanto forti siano le differenze nei risultati tra chi parte con il piedi giusto e chi si limita ad affrontare l’Enterprise 2.0 come la solita vecchia storia tecnologia… e questo ci porta verso il tema del community management e della coltivazione delle comunità, argomento del prossimo post.

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