Fa un effetto strano leggere nero su bianco idee che hai coltivato e difeso per anni, considerazioni che ti sono sembrate a lungo ovvie, ma che il mercato continua ancora oggi ad ignorare.
In questo caso parliamo di tecnologia e dalle distanza abissale che la separa dalle persone che dovrebbero invece trarne vantaggio. Parliamo di come questo vizio della tecnica fine a se stessa sia stato sconfitto sul web dove il pubblico decide con un click, rimanendo ancora intaccato all’interno dell’azienda, habitat naturale di maschere grigie e procedure che i più non riescono in nessuno modo ad usare.
Finalmente qualcuno inizia ad affermare quanto gli esperti di user experience sostengono da tempo, ovvero che l’unico successo possibile per la tecnologia sia il livello di adozione ed utilizzo dai parte dei propri destinatari Ciò è quanto sostenuto da SandHill Group e NeoChange nello studio Achieving Enterprise Software Success.
Di fronte a budget che si restringono ed una concorrenza sempre più globale, secondo lo studio il fattore critico nel successo del software enterprise è il ritorno sull’adozione, ovvero l’effettiva adozione tra gli utenti (70%) e non il cambiamento organizzativo (16%), l’allineamento dei processi (13%) o ancora meno l’insieme delle funzionalità (1%):
Come scegliere in un mercato enterprise sempre più veloce e vario, in un mare di tecnologie che nascono e muoiono, con soluzioni gratuite ed altre che costano milioni di dollari, cercando di ottenere il massimo risultato anche quando i cordoni della borsa si chiudono? Più in generale, quale risultato deve essere considerato un successo?
Davanti a tanti progetti IT in passato, mi è capitato di sospettare che l’unica forma di successo per il progetto fosse la fine stessa del progetto, una perfetta installazione. Lo stesso valeva per i vendors: cosa importa se poi il prodotto genera reali benefici, l’importante è chiudere la vendita. Niente utenti dall’altra parte, nessuna cognizione dei risultati di business che la soluzione avrebbe dovuto produrre. Questa sensazione viene confermata dalla poca dedizione verso la misurazione dei ritorni:
Un IT per l’IT, un centro di costo, un servizio senza nessun impatto sulla revenue growth dell’azienda! Le cose stanno cambiando e l’Enterprise 2.0, volendo o non volendo, è parte di questo rovesciamento di prospettiva:
Come si vede nella prima figura ed in questa, secondo l’indagine la realizzazione del valore significa innanzitutto un livello di utilizzo elevato perche questo si è visto comportare una riduzione dei costi, una maggiore soddisfazione degli utenti ed una crescita di ritorni:
Secondo SandHill ed i suoi intervistati, è possibile garantire l’adozione affiancando al prodotto dei servizi opportuni (un pò come già sostenuto da Forrester):
Io credo piuttosto che ci sia ancora un errore di fondo nella modalità con cui la tecnologia viene sviluppata e portata sul mercato: non si tratta tanto di pagare dei consulenti per aiutare i propri dipendenti ad usare i prodotti, quanto creare ed acquistare prodotti che forniscano reali vantaggi ai dipendenti e che siano così usabili da non richiedere formazione!
Questo implica che:
- i vendors dovrebbero cambiare il processo di sviluppo, coinvolgendo tramite approcci user centred i clienti per capire dove sta veramente il valore
- i CIO dovrebbe scegliere i vendor più appropriati solo al termine di un lavoro di definizione degli obiettivi di business, dei fattori di successo ed un codesign su funzionalità e contenuti che coinvolga i propri dipendenti.
La user adoption è si l’obiettivo centrale del software enterprise, ma non possiamo ricordarci di questo solo dopo che i danni sono stati fatti. Il ritorno sull’adozione è possibile solamente portando persone ed obiettivi reali al centro del processo, ma fin dall’inizio.