Per molte aziende, dopo una prima fase di avvicinamento e studio sui benefici che l’introduzione dei social media è in grado di fornire, si apre un pò un baratro. Da dove e come partire evitando gli errori più banali e garantendosi una buona probabilità di successo delle iniziative?
Qualche giorno fa Matthew Hodgson ha scritto a questo proposito un bel post all’interno di The AppGap, uno dei blog multi-autore che vi invito a tenere sott’occhio sull’Enterprise 2.0 (qui scrivono anche Jenny Ambrozek, Patti Anklam, Jon Husband e Bill Ives). Parlando di strategie di adozione, Matthew presenta questo modello ad alveare:
Come vedete, schematizzando un pò, possiamo pensare essenzialmente a tre strategie di adozione:
- Dall’alto con una esposizione e spinta che viene prevalentemente dal senior management
- Dal basso per iniziative carbonare di gruppi di utenti che vedono un valore personale nei social media
- Dalla tecnologia dove il dipartimento di IT ritiene che alcuni strumenti debbano essere portati in azienda
Pochissimi casi reali ricadono solamente in una di queste categorie, ma per farsi un’idea vanno bene. I diagrammi in basso fanno subito capire perchè partire dalla tecnologia non è la scelta migliore: la direzione unicamente tecnologica (e questa è la norma oggi, più che l’eccezione..) non considera i comportamenti, il contesto ed i problemi di individui ed organizzazione se non in modo casuale. Ovviamente questo non significa che le iniziative puramente tecnologiche debbano per forza fallire. Significa piuttosto che state correndo un grosso rischio, state sparando bendati. Certo se di fronte avete una parete di bersagli potreste comunque fare centro.
Anche una strategia top-down ha i suoi problemi. Pensate veramente di poter determinare il ROI di un’attività e di un modo di procedere che non conoscete? Il commitment dall’alto è un ingrediente necessario, se non dall’inizio (vedi strategia bottom-up), sicuramente per garantire visibilità, risorse e continuità al progetto. Difficilmente però i senior manager oggi riescono a percepire a pieno la portata del fenomeno Enterprise 2.0. Inoltre nelle aziende più orientate alla tecnologia, si fa molta fatica nel coinvolgere le persone in modo sincero e tanto da decidere insieme la direzione dell’iniziativa.
Il bottom-up da solo non basta. Chi mi segue lo sa. Il web 2.0 è a partecipativo, bottom-up, virale, spontaneo. La vostra azienda forse, ma tranne in alcuni rari casi (Vedi Lago), dopo un fermento iniziale, un proliferare di idee e tool, vi troverete improvvisamente con tante iniziative che non hanno energia per andare avanti nel tempo o che semplicemente non sono legate ad obiettivi aziendali stringenti. Dall’altra parte la crescita bottom-up abbraccia con forza la prospettiva delle persone, si plasma sul contesto e magari riesce anche a cambiare nel tempo la cultura organizzativa.
Quindi? Quindi la strategia più efficace di adozione dell’Enterprise 2.0 non può prescindere da una conoscenza profonda dei vostri obiettivi di business, della vostra cultura aziendale, della prontezza verso gli strumenti.
Volendo tracciare un processo di massima, il mio consiglio è però quello di lasciare perdere la tecnologia all’inizio e piuttosto ricercare subito sia la spinta dall’alto che dal basso, seguendo un percorso TOP-UP. Dall’alto perchè l’azienda validi e dia ufficialità al progetto, garantendovi la partecipazione attiva dei personaggi di peso e le risorse per mantenere la spinta. Dal basso portando dentro al processo le persone fin dal primo giorno (sia stakeholder che utilizzatori finali), tramite la cocreazione di contenuti ed anche funzionalità, plasmando spazi e stessi ambiti di intervento in base alle esigenze reali del gruppo.
Si tratta sempre di un lavoro imperfetto, artigianale ed iterativo, ma la strada Top-up mi sembra l’unica via onesta per coniugare obiettivi dell’azienda ed esigenze degli utenti.
Cosa ne pensate?