Se il trend complessivo della socializzazione dei processi di business è ormai presente sia nella mente dei vendor impegnati a riposizionare la propria offerta in ottica collaborativa (vedi Oracle, SAP, Tibco, Salesforce tra gli ultimi a muoversi) che delle aziende cliente prese nel comprendere come trarre vantaggi competivi attraverso i nuovi tool, ancora poche riflessioni strutturate sono disponibili per chi voglia lanciarsi in questa sfida.
Un ambito in cui questo fermento è particolarmente visibile è la ricerca di nuovi paradigmi di innovazione di prodotto, come testimoniato dalla ricerca Social Media e Product Innovation di Kalypso secondo cui:
- Il 59 % delle aziende intervistate sta già utilizzando in vario modo i social media nello sviluppo del prodotto, mentre un ulteriore 11% ha comunque pianificato azioni nei prossimi mesi
- Si tratta però in larga misura di progetti recenti, con anzianità che solo nel 22% dei casi supera l’anno. A rafforzare il messaggio, molte aziende dichiarano inoltre che le iniziative sono principalmente sperimentali e limitate ad alcune parti della propria offerta di prodotti e servizi
- Più del 46% degli intervistati ammette l’assenza di best practice ed il 36% dichiara di non possedere competenze sufficienti al proprio interno
- Tra i benefici più citati dei progetti figurano un aumento (46%) e miglioramento (43%) delle idee / requisiti, un più veloce time to market (18%), una più rapida adozione del prodotto (15%), costi di produzione più bassi (15%) che si riflettono in ultima analisi in un incremento delle quote di mercato ed una crescita delle revenue
- In modo più tangibile il miglioramento medio che si ottiene rispetto a questi obiettivi è del 16% nella riduzione del time to market, del 20% nella più rapida adozione del prodotto, del 6% nella crescita del market share, del 5% in aumento delle revenue, del 12% nell’abbattimento dei costi del prodotto e del 15% nei costi di sviluppo dello stesso.
Operativamente, come e dove è possibile introdurre una maggiore trasparenza, apertura, partecipazione e collaborazione nel ciclo di vita del prodotto?
Sul come, uno studio di Nielsen del 2010 (seppure sul CPG, consumer packaged goods) sottolinea come un approccio particolarmente efficace sia lasciare il più possibile libera, leggera ed aperta possibile la parte di generazione delle nuove idee, strutturando invece con precisione Svizzera le fasi di sviluppo vero e proprio.
Sul dove, i partecipanti alla survey di Kalypso hanno suggerito 5 aree diverse: nella raccolta di insight e del buzz dall’esterno, nel front-end innovation, nello sviluppo collaborativo del prodotto, nei servizi post lancio, nella gestione a 360% della pipeline dell’innovazione.
Se l’ideation è già oggi il momento in cui più imprese pensano di più ad un coinvolgimento allargato e paritetico dei dipendenti, dei partner e dei clienti, è invece quello che succede prima, durante e dopo il design e la realizzazione del prodotto che attrarrà più attenzione nei prossimi anni.
In Rethinking Product Development Funnel, Gerry Katz ha recentemente proposto un modello di sviluppo del prodotto che, oltre ad utilizzare un approccio di raffinamento iterativo dal concept al lancio, porta al suo interno proprio la fase creativa iniziale, il “Fuzzy Front End” ovvero lo step stesso di generazione delle idee, quasi sempre ignorato dai framework finora disponibili:
Guardando attentamente il modello, si capisce subito quanto radicale possa essere il contributo di collaboration ed intelligenza collettiva in molte delle fasi chiave dell’innovazione:
- Customer Insights e Netnografia rendono più scalabile, economica ed accurate l’etnografia, l’individuazione del target, l’assessment dei bisogni, il posizionamento ed il lancio del prodotto finito
- L’idea management facilita la creazione di nuove idee (sia in fase di discovery con i clienti che in fase di design con gli esperti interni ed esterni), la prioritizzazione delle specifiche (es. conjoint analysis), la pianificazione delle iniziative di marketing
- Tramite le community online (eventualmente private) l’azienda più migliorare la scoperta di aspettative ed esigenze non ancora soddisfatte, la valutazione di concept e prototipi, la visibilità al lancio ed i servizi post lancio
- La collaboration interna e le comunità di pratica infine migliorano l’efficienza della ricerca esplorativa e secondaria, la stesura dei requisiti, il percorso di raffinamento delle idee, il coordinamento delle attività di realizzazione e promozione del prodotto
Conclusioni
Benchè le best practice sia ancora rare, studi come quelli citati evidenziano un reale bisogno da parte delle organizzazioni di far fronte ad una competizione globale ripensando i propri meccanismi di ricerca, sviluppo ed innovazione secondo modalità più sostenibili, scalabili e reattive.
I nuovi modelli di sviluppo del prodotto cercano di dare una risposta a simili esigenze da una parte strutturando più rigidamente le fasi di implementazione e dall’altra aprendo al massimo i contributi creativi e gli stimoli che possono tramutarsi in opportunità per l’azienda.
Il Social Product Development, seppur ancora all’inizio del suo percorso di diffusione, è sicuramente uno dei processi socializzati da tenere più attentamente d’occhio nei prossimi anni per il suo concreto impatto sia sulla top che sulla bottom line in particolare dell’industria manifatturiera.