Dal Social al Business

Qualcosa è cambiato, per sempre, nel modo in cui il social è visto ed affrontato dalle organizzazioni. A voi giudicare se si tratti di un passaggio positivo o negativo.

La mia sensazione è che per i protagonisti dei maggiori esperimenti su come sfruttare condivisione della conoscenza, intelligenza collettiva, social networking per migliorare marketing, vendite, supporto, innovazione, ma anche i flussi interni di collaborazione tra dipendenti, partner e fornitori, la fine del 2011 ha significato un trigger, un punto di non ritorno.

Seppur da direzioni quasi opposte, due post recenti hanno messo molto bene in luce i segnali di questo cambiamento radicale:

  • Nel suo Social Business Facts and Fiction, Sameer Patel ha fatto leva sul recente report Making The Business Case For Enterprise Social Networks di Altimeter per affermare (vi consiglio di leggere anche i commenti):

    “The first innings of social in the enterprise is over. Those organizations that like to experiment have done so. Beyond those, a small number of executives who innately believe that collaboration is absolutely critical to execution have put their weight behind these programs. Industry colleague Dion Hinchcliffe has been documenting examples of both kinds. But there’s massive untapped opportunity out there to revise the value proposition for those numbers-driven businesses who will want to understand how all of this enhances what they’ve invested in for the last decade. Until then, this massive bucket of executives will treat “social business” as another Mickey Mouse program until they see how it matters to revenue increase, cost reduction and risk mitigation”

  • Pochi giorni prima, Mark Tamis scriveva quanto segue nel post Go With The Customer Flow:

    An interesting statistic caught my attention about customer interaction through  Social Media; these interactions represent only 1% of company-customer interactions, and are expected to grow to 4% in five year’s time in France. In other words, 99% of interaction take place outside of Social Media! This to me leads to a very fundamental question about whether we are suffering from the Shiny Object Syndrome with regards to Social Media and customer engagement.

    “Going with the Customer Flow” entails reducing the frictions in the flows that leads to the confluence of your business’s and your customers’ desired outcomes. That means getting the big picture of the customer journey, understanding how they ‘hire’ the different tools at the various touchpoints such as social media, opinions from friends, their peers, your Salespeople, Marketing and Customer Service and how you can organize your internal flows to optimize the outcomes at the various touchpoints. We should certainly not lose sight of the fact that there is a whole world out there beyond Social Media that impact the Customer Experience!

Lo stesso senso di inadeguatezza e scollamento tra social e realtà è stato espresso infinite volte dalla voce fuoricoro di Dennis Howlett, per esempio in Enterprise 2.0 is a crock, Social CRM – another crock? e Enterprise 2.0 is beyond a crock. It’s dead. Come un giudizio definitivo non sia stato ancora emesso è evidente anche dal recente dibattito tra lo stesso Howlett e Dion Hichcliffe Social Enterprise: Real or Fiction with.

Dov’è la realtà? Enterprise 2.0, Social Business, Social CRM e tutto il resto sono inutili filosofie di scarso spessore? E’ tutta fantasia? Siamo di fronte all’ennesima visione in stile  Knowledge Management i cui ritorni tangibili non si materializzeranno mai?

Forse si. Almeno finché le organizzazioni continueranno a mettere il focus sulla parte “social” del termine “social business”.

Questo tempo della partita è ormai terminato. A giudicare dalle decine di progetti su cui ho avuto la fortuna di essere coinvolto dal 2007, ma ancora di più dalle richieste che sto registrando negli ultimi mesi, il mercato si trova di fronte un’enorme opportunità: passare dal social al business. In altre parole declinare il social negli stessi flussi, processi, pratiche e task che le aziende già utilizzano sia per arrivare alla fine del mese che per acquisire una posizione di vantaggio sul mercato.

Per affrontare questa opportunità e finalmente registrare risultati di business concreti, significativi, misurabili e replicabili, le organizzazioni (sia le società di consulenza che le aziende clienti) hanno bisogno di apportare alcuni cambiamenti fondamentali:

  • Connettere le skill: se il social è solo una delle componenti, le organizzazioni devono portare al tavolo coloro che ne sanno di processi (CRM, PLM, BPM, Supply Chain, etc) ma specialmente nuovi strumenti per comprendere e misurare la customer experience end-to-end  (service design, customer journey, jobs to be done come spiegato da Mark). Questo step è centrale per passare dalla superficie alla sostanza del business.
  • Integrare le competenze: se vogliamo passare dalle parole ai fatti, visione e competenze non sono però sufficienti. Per realizzare risultati di business la visione deve essere trasformata in realtà cambiando i processi, facendo evolvere la cultura, ripensando il coinvolgimento di individui e community nell’organizzazione, comunicando con i clienti in modo nuovo. Abbiamo bisogno di system integration, ma anche di design organizzativo, schemi di incentivazione applicati agli scambi informali, capacità di coinvolgere competenze esterne, creatività tutti allineati intorno alla stessa visione
  • Una visione customer centrica unificata: so bene che ogni azienda (a volte anche in modo sincero) è convinta di essere customer centrica. Come clienti però sappiamo la verità. Il fil rouge per connettere competenze realizzando un’efficace customer experience attraverso qualsiasi canale è la consapevolezza che per avere successo in un momento economico così turbolento sia imprescindibile differenziarsi in base alla capacità di servire al meglio le proprie tribù (non segmenti..) riorientando dall’esterno verso l’interno tutti i flussi di lavoro connessi a prodotto / servizio.

Quante aziende conoscete con una simile visione, skill e competenze sotto lo stesso cappello?  Io vorrei personalmente conoscerne di più.

L’attuale fragilità del social business è ampiamente dovuta alla nostra incapacità di riconoscere l’intera portata del cambiamento che abbiamo di fronte. Guardando attraverso lenti diverse, è tuttavia facile capire come per ottenere benefici dal social non si possa evitare un lavoro olistico sull’organizzazione e sulla sua relazione con l’intero ecosistema. Si tratta di tecnologia, processi e persone ma con un approccio e strumenti concettuali tutti diversi che solo oggi iniziamo a padroneggiare.

Siamo nella giusta posizione per guidare la nave? Il social è solo una tessera di un mosaico di business estremamente (e sempre più) complesso. Una tessera però fondamentale: se un cambiamento sostenibile nel lungo termine non può essere imposto dall’alto quando si chiede ad individui e community di dare di più, di portare la propria passione in ufficio, di trasformarsi in innovatori, di curare ogni interazione con il cliente su un palco globale e trasparente.. l’engagement delle persone, il portarle al centro del business, l’attribuire loro un pezzettino della torta è l’unica via percorribile.

Il social è questo: un nuovo paradigma per connettere, coinvolgere ed ingaggiare su larga scala gruppi di individui nella co-creazione di valore. Un paradigma che dobbiamo inserire in modo misurabile in quello che le aziende fanno già, ma attraverso leve finora sparse in posti diversi.

Potrebbe volerci un pò di tempo ma ne sarà valsa la pena.

This post is also available in: Inglese

Emanuele Quintarelli

Entrepreneur and Org Emergineer at Cocoon Projects | Associate Partner at Peoplerise | LSP and Holacracy Facilitator

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