Nel mezzo del Social Business

Grazie alla 5a edizione del Social Business Forum appena conclusasi, ho avuto modo di farmi un’idea sul livello di maturità raggiunto dal Social Business all’interno delle organizzazioni italiane ed europee, in termini di risultati portati, ma anche di barriere ancora da superare. Si tratta di un punto di osservazione parziale, ma certamente privilegiato ed internazionale, sul fenomeno.

Utilizzando anche le fantastiche interviste registrate da Bjoern Negelmann agli speaker dell’evento, ecco le mie impressioni che vorrei discutere con voi:

  • Il Social Business è ormai un fatto. All’evento abbiamo avuto circa 20 aziende di grandi e piccole dimensioni, in qualunque settore (telco, farmaceutico, oil&gas, manufacturing, servizi, trasporti, banking, etc) e praticamente da qualunque parte del globo (Brasile, Italia, Inghilterra, Svezia, Germania, Francia, Stati Uniti). Sommando le 1650 registrazioni ottenute, non c’è dubbio che il tema sia ormai non solo nell’agenda di sempre più manager ed imprese, ma per molti già un’attività quotidiana. Potete ascoltare la mia intervista con Bjoern, proprio su questo aspetto se volete approfondire. Con parole diverse, la stessa impressione viene condivisa da Esteban Koskly che spiega come superato ormai l’hype, ci stiamo finalmente iniziando a preoccupare di produttività, pragmatismo e business as usual.
  • Social e processi di business si stanno finalmente sposando. Il cambiamento più evidente rispetto ad un anno fa è senza ombra di dubbio la mutata percezione sul dove il Social debba essere posizionato: da un add-on, un nice to have a parte del business come strumento di accelerazione di iniziative marketing, vendita, innovazione, efficientamento, condivisione della conoscenza, recruiting, etc. Questo spostamento può essere notato in qualunque processo e silos, come spiegato molto bene da Rawn Shah. Il declinare la collaborazione dentro i processi, all’interno delle attività quotidiane dei dipendenti, nel vissuto dei clienti dopo 5 anni è diventato l’approccio standard a cui puntare. Ovviamente per avere implementazioni che realizzino effettivamente un’evoluzione dei processi ci vorranno in molti casi ancora anni.
  • Un riorientamento verso il cliente e verso la persona. Nei loro keynote, Steve Denning e John Hagel hanno spiegato con forza al management come le aziende non abbiamo oggi altra possibilità se non riorientarsi intorno alle nuove aspettative, ai bisogni ed ai comportamenti dell’essere umano (cliente e dipendente). Si è sentita aleggiare una chiamata all’azione verso un nuovo Rinascimento, un Umanesimo giustificato dall’enorme sfida economica globale a cui le aziende sono esposte. Si tratta di un’enorme opportunità di convergenza delle iniziative tradizionali di CRM verso un’attenzione olistica e sistemica all’esperienza utente. Una rivoluzione fatta innanzitutto di passione, ma fortemente radicata nei numeri, nel mercato. Un cambiamento che in totale onestà per alcuni senior manager deve ancora arrivare, specialmente in alcuni paesi europei come afferma Ana Silva.
  • Il Community Management è la competenza da acquisire e sviluppare. Quest’anno, su mia indicazione, abbiamo avuto almeno 3 interventi sul community management. Sistematicamente la sala era quella più piena anche grazie alla presenza di veri guru del tema come Luis Suarez e Megan Murray. Con un pò di sorpresa (l’inglese è sempre una barriera..) i presenti in sala hanno interagito così tanto con gli speaker che ho fatto fatica a far terminare le sessioni in tempo, nonostante la voglia del pubblico di continuare a porre domande, a riflettere, a confrontarsi. L’interesse per il community management testimonia ancora una volta il passaggio da un pensare ad un fare il Social Business.
  • Si inizia a misurare, ma non abbastanza. Nella sezione che ho moderato con John Stepper, Luis Suarez, Bertrand Duperrin, Megan Murray c’è stato un gentile ma deciso scontro di visioni. Da una parte John che in Deutsche Bank è il portatore di un cambiamento culturale finalizzato a ritorni di business misurabili in milioni di dollari ogni danno. Dall’altra parte chi, come Luis, invoca un ritorno allo spirito originario del Social Business, con le persone al centro, fatto di rivoluzione, cambiamento della sensibilità e della cultura dell’impresa. In un’intervista rilasciata a Bjoern Negelmann Luis ha rincarato la dose sostenendo che molti dei promotori iniziali dell’Enterprise 2.0 sono ormai stati “assimilati” (termine dai Borg della serie Star Trek), sono passati al lato oscuro.. Dov’è la verità? A mio avviso nel mezzo. Se alcuni progetti hanno chiaro in mente un focus di business, molti altri non stanno misurando in alcun modo i risultati perchè probabilmente non esiste un bisogno specifico come driver dell’iniziativa. Questa è anche uno dei messaggi chiave condivisi da John Hagel nella sua intervista sulle metriche e sugli impatti reali dei progetti.
  • Ora conosciamo il percorso. Una lezione che molti dei presenti (sia sul palco che tra il pubblico) sembrano aver finalmente interiorizzato è la complessità organizzativa, economica, tecnologica del cambiamento di cui il Social Business è portatore. Una complessità che va fatta comprendere al senior management per poi essere affrontata nei progetti con le risorse, le competenze e la pazienza necessaria. Se per alcuni dipartimenti Social Business e social media ancora coincidono pericolosamente, chi ha seguito il Forum finora sembra aver capito che c’è molto di più in termini di potenziale di fronte a noi. Dal perchè, ci si sta finalmente muovendo al come.

La domanda di partenza delle interviste di Bjoern suonava un pò così “Siamo già passati dal Social al Business”? Forse la risposta più onesta a livello di mercato è “Non ancora”.

Andando però a guardare le decine di storie individuali, viene da dire che la convergenza con il business è più che iniziata. Un cammino certo lungo, faticoso e dalla destinazione non ancora chiarissima, ma anche dall’enorme potenziale. Un percorso lungo cui ogni anno registriamo passi in avanti ed un crescente numero di aziende pronte a condividere quanto appreso.

Aldilà della strada ancora da fare, Il Social Business si è ormai affermato come leva con cui l’impresa del 20esimo secolo sta traghettando il nuovo millennio. A differenza dei modelli del passato, più che all’ennesima ricetta prescrittiva, siamo di fronte ad un nuovo approccio al cambiamento fatto di apertura, accettazione dell’incertezza ed inclusione delle caratteristiche più umane degli individui. Nella convinzione che in mondo turbulento, incerto, globalmente competitivo, in cui per la prima volta sono le community di persone, invece delle aziende, a portare il nuovo, ciò di cui abbiamo veramente bisogno è soprattutto la capacità di rimanere fluidi, reattivi ed autentici.

Emanuele Quintarelli

Entrepreneur and Org Emergineer at Cocoon Projects | Associate Partner at Peoplerise | LSP and Holacracy Facilitator

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