Lo Scalino della Social Business Transformation

Nonostante quello che vogliono farci credere i vendor di tecnologia, chiunque si sia cimentato anche solamente in un progetto di Social Business avrà toccato con mano quell’intreccio di paure, resistenze, complessità e non linearità che caratterizzano il percorso di adozione verso nuove modalità di lavoro.

Come spiegato mese fa al Social Now di Lisbona, la realtà dei fatti è che solo il 28% dei knowledge worker utilizzi i nuovi strumenti almeno una volta al mese e con un ancora più misero 22% che li considera indispensabili. Benché molte aziende non vogliano convincersene, la successione logica delle fasi di adozione è grossomodo:

Valore per gli utenti —> Adozione —–> Valore per l’organizzazione

Senza adozione, non c’è valore. Senza valore abbiamo buttato al vento tempo, soldi e probabilmente l’unica occasione di sperimentare costrutti di management, leadership e collaborazione finalmente nuovi.

Trattandosi di esseri umani, di dinamiche emergenti di gruppo e di cultura organizzativa, purtroppo nessuno può garantire in partenza il buon esito dell’iniziativa o anche solamente il focus esatto in termini di ambito progettuale (es. quale pilot?). Partendo in ogni dal presupposto che un progetto di Social Business è di per sè un processo non deterministico,  la chiave di volta diventa individuare pratiche che consentano di guidare questo processo riducendo le probabilità di fallimento e velocizzando l’adozione. Un passaggio delicato, che purtroppo fallisce nel 70% dei casi.

A questo proposito, l’andamento che si considera grossomodo per acquisito è il Ciclo di Vita per le Community proposto da Forrester:

Seguendo fasi ed andamento della curva, ci si attende dunque un periodo di crescita rallentato per vincere l’attrito organizzativo che spinge verso il basso, un tipping point che segna l’impennata dell’adolescenza ed un plateaux con eventuali cambiamenti di pelle (trasformazione, rifocalizzazione, frammentazione, etc) della community.

Ma è così? Se la transizione al Social Business è soprattutto un percorso di change management, le sue dinamiche sono rispecchiate fedelmente dal grafico riportato sopra?

A mio avviso, manca un passaggio fondamentale: il punto di flessione, il buio prima di vedere la luce lunga una curva più simile all’Hype Cycle di Gartner:

In altri termini, al picco di attività che caratterizza l’euforia iniziale (fase della Conception), segue una fase di ritorno alla normalità in cui gli utenti iniziano a chiedersi se il nuovo approccio al lavoro proposto dal social garantisce effettivamente benefici rispetto alle abitudini consolidate fino a quel momento.

A causa di una umana inerzia al cambiamento e dell’effetto Gourville, all’inizio lo sforzo necessario a capire ed apprendere nuovi strumenti, nuove regole e nuove prassi determina una resistenza. La fase della Resistenza è frutto dell’overhead che gli utenti sentono nel dover fare qualcosa di diverso, mentre continuano in parallelo con le proprie responsabilità di sempre.

E’ in questo Trough of Disillusionment che molte iniziative sprofondano senza più riuscire a tornare a galla. L’entità dell’ansa dipende da molteplici fattori come:

  • La distanza tra la cultura organizzativa è quelle caratteristiche di apertura, trasparenza, cooperazione, condivisione degli obiettivi tipiche di un Social Business
  • Il livello di conoscenza delle nuove tecnologie da parte degli utenti
  • Il commitment e la partecipazione in prima persona del top management
  • Il valore individuale immediato che il pilot rappresenta per la community
  • La facilità d’uso e la completezza della soluzione software scelta
  • Il clima aziendale complessivo con cui l’iniziativa si trova a confrontarsi
  • L’intensità, sensibilità e competenza del community management

Curando con pazienza tutti questi aspetti, la community riemerge e, quasi magicamente, quelle pratiche all’inizio così aliene sono diventate proprie di un core di utenti che nella fase dell’Adolescenza iniziano a contaminare i colleghi.

E’ infine nella fase della Maturità che l’esperimento diventa standard organizzativo in termini di governance, policy e linee guida, integrazione del social software ai sistemi legacy, coinvolgimento su larga scala di tutta l’azienda, misurazione dei risultati.

Vi ritrovate in queste considerazioni? Quale tipo di dinamiche avete visto nelle vostre community?

Emanuele Quintarelli

Entrepreneur and Org Emergineer at Cocoon Projects | Associate Partner at Peoplerise | LSP and Holacracy Facilitator

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